Che grande meraviglia è il progetto di Dio Padre, manifestato nella morte e risurrezione del suo Cristo! Gesù «è un Dio che è morto nei campi di sterminio, Dio è morto con i miti della razza, Dio è morto con gli odi di partito, Dio è morto…. Ma penso che questa mia generazione è preparata ad un mondo nuovo e ad una speranza appena nata, a un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi, perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge in ciò che noi crediamo, Dio è risorto in ciò che noi vogliamo, Dio è risorto nel mondo che faremo, Dio è il risorto…» (Francesco Guccini). Sappiamo e crediamo questa misteriosa e fondamentale verità della nostra fede, eppure amiamo la morte, perché non accettiamo la conversione che il Signore ci chiede. «Convertitevi e credete nel Vangelo», ci chiede la Chiesa, come madre premurosa, nella celebrazione del Mercoledì delle ceneri. Ce lo chiede perché è il desiderio di Dio. Gesù conoscendo l’intimo del nostro cuore e della nostra vita ci dice: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono» (Ap 3,20). La Quaresima è un cammino che la Chiesa fa per ritornare al Signore con tutto il cuore, per cantare la fede ricevuta in dono dal Padre e la sua Parola accolta nel profondo ci guarisce, ci fa passare dalla morte alla vita. Sono io un cristiano dell’apparenza? Gesù sta alla porta e bussa, viene a visitarci. Siamo attenti ascoltatori del suo desiderio di cenare con noi? (cfr. 1 Cor 1, 17-31).
Il discepolo del Signore prendendo coscienza di essere chiamato a seguire, nel suo tempo, l’Abbandonato sulla Croce cerca di calpestare nella sua quotidianità le orme del suo Signore che si dona per amore al Padre e all’uomo, chiunque esso sia, da qualunque parte provenga, provato nel corpo e nello spirito. Chiamato a vivere con Cristo abbandonato sulle strade del mondo, il discepolo testimonia la sua appartenenza al figlio di Dio; vive il suo amore a Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze e l’amore al prossimo come e insieme a Cristo, salendo sul Calvario della storia, per dire ogni giorno con il Maestro: «Tutto è compiuto!» (Gv 19,30). «In Gesù abbandonato è tutto il paradiso con la Trinità e tutta la terra con l’umanità. Il cielo e la terra, Dio e l’uomo, in lui sono tutt’uno, stretti per sempre in un’unica passione d’amore» (Chiara Lubich). Noi cristiani mettendoci alla scuola del Vangelo e di Gesù abbandonato, gioiosamente consapevoli del grande dono della chiamata a seguirlo «Venite dietro a me» (Mc 1,17), siamo chiamati a riportare il Vangelo nella nostra storia. Da innamorati, nel senso letterale del termine, di Gesù, pur coscienti delle nostre fragilità, siamo tra coloro che nella lunga storia della Chiesa fanno sgorgare di nuovo, attraverso le parole e le opere, l’acqua viva scaturita da quella sorgente meravigliosa che è il costato di Cristo, trafitto sulla croce e abbandonato, nell’ultimo grande atto di amore per noi e per tutti. La Croce del Signore, questa croce che non è un amuleto che si porta al collo, un monile per abbellire superficialmente il proprio corpo o la propria casa, è invece un’icona viva, il segno-progetto per noi di un amore senza limiti, è l’apripista di una nuova cultura ispirata all’unico Vangelo, quello dell’unità: «Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,10-17).
Il Vangelo è l’Abbandonato sulla Croce per noi e per tutti. La passione di Dio incontra nella storia la passione dell’uomo, la redime, la porta a sé, in un abbraccio di amore e la rende strumento di grazia e di speranza per ogni persona. La comunità dei discepoli dell’Abbandonato è resa capace di incontrare Maria Maddalena e di accoglierla nel suo seno; è resa capace di custodire, come Giovanni, il dono prezioso di Maria, la madre del Signore; è resa capace di contemplare nella sofferenza dell’uomo, chiunque egli sia, quel sangue e acqua che continuano a sgorgare dal suo costato trafitto dalla lancia della violenza, della cattiveria, dell’odio dei singoli e dei popoli. Il discepolo che sale ogni giorno con Cristo sul Golgota della storia, che si dona con Lui, che si abbandona, entra nel progetto di unità di Dio, divenendo strumento di una nuova umanità, portatrice non di utopia, ma di realtà efficace di un mondo nuovo, sull’esempio del sale che, come dice Gesù, scomparendo dà il gusto alla storia: il gusto della vita vera, dell’amore, della fraternità: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5,13).
All’uomo, che è alla ricerca di se stesso, l’Abbandonato sulla Croce dona la riconciliazione: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). All’uomo maltrattato nella via della sua quotidianità di lavoro, di amicizia, di amore, di ricerca del senso del vivere, di umanità calpestata dai poteri miopi, l’Abbandonato si presenta ascoltando la sofferenza; con lui dialoga, a lui spezza il pane, fa ardere il cuore dando una svolta di coraggio con l’annuncio dell’impensabile: «E’ risorto!» (cfr. 24,13-35). Incontrando l’Abbandonato sulla croce e sposandolo si è resi fecondi di una nuova umanità non nata da carne e sangue, ma dalla sua Parola (cfr. Gv 1,13). Il Crocifisso abbandonato è la vera rivoluzione di Dio nella storia dell’uomo, nella storia degli Adamo ed Eva che continuano a preferire il divisore alla comunione. Cristo è sempre pronto a chinarsi per sollevare l’umanità, abbracciarla, condividere le gioie e le speranze, le attese, le angosce, il mistero del dolore, indicando la strada percorsa da Lui: «Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato» (Gv 15, 12).
La vera rivoluzione che dà speranza nasce dalla Croce dell’Abbandonato e dalla forza della sua Risurrezione. Comprendiamo allora ciò che la Chiesa fa con fede e amore nella liturgia del Venerdì Santo. Enfasi? Stordimento di coscienze? Esaltazione di una morte a vantaggio dell’uomo? No, è adorazione dell’amore, dell’Amato amante! «Ecco l’uomo!» (Gv 19,5) , aveva detto Pilato; ecco l’uomo vero, ci dice la Chiesa! Che stranezza: una persona sfigurata dal dolore e dalla cattiveria diviene oggetto di adorazione. Sì, è così, perché lì c’è il segreto di una nuova umanità che nasce dal suo costato trafitto! E’ l’umanità dal cuore di carne e non dal cuore di pietra.
Quel corpo è il luogo della comunione di Dio con l’uomo e dell’uomo con l’uomo e con Dio. Nel corpo del Figlio di Dio c’è tutta l’umanità che sogna la comunione vera, quella che nasce dall’amore dell’Abbandonato, abitato dal Padre; qui c’è la passione di ogni uomo che viene preso da Dio. È una vera rivoluzione quella che è cominciata sul Calvario a vantaggio dell’uomo, di ogni uomo e dell’intera storia. Il Dio che adoriamo il Venerdì Santo, nella liturgia e nella quotidianità nostra, non è il Dio dei miracoli nelle nostre paure; non è il Dio che tappa buchi di coscienze distorte, capaci di atrocità, di barbarie, di ingiustizie camuffate da perbenismi: è un Dio nascosto, messo a morte, sepolto, che condivide la drammaticità della vita umana, la sofferenza e la morte. La morte di Cristo nella sua pazza logica, ha rivoluzionato la storia degli uomini nei confronti di Dio e della storia stessa di tutta l’umanità di ieri, di oggi e di domani.
(Da “Passione di Dio, Passione dell’Uomo” lettera del Parroco don Pierino Liquori alla Comunità per la Quaresima)